Capitolo 4

Quando fu pieno, ben oltre la capienza consigliabile, finalmente il taxi brousse partì, tra nuvole di gasolio e rumori metallici decisamente poco confortanti.

Davide e Nicole si fissarono preoccupati, mentre Asia era eccitatissima e divertita.

L’avventura era iniziata.

Il mezzo si immesse sbuffando nel traffico e nel caos di Antananarivo, facendosi largo a colpi di clacson e urla dell’autista dal finestrino. Nonostante fosse ancora presto, le strade della capitale erano già intasate da veicoli di ogni tipo: taxi brousse malmessi, auto vecchissime, camion, minivan turistici, biciclette, motorini, carretti trainati da zebù.

E persone. Centinaia di persone che camminavano ai bordi della strada, in mezzo alla strada, ovunque. Donne con taniche per l’acqua e cesti per il cibo sulla testa. Bambini scalzi e vestiti di cenci con la mano aperta per chiedere il cadeaux ai turisti. Uomini impegnati a vendere le cose più impensabili, dalle targhe automobilistiche ai tappi delle bottiglie.

Ci volle più di un’ora per uscire da quel caos e lasciarsi alle spalle le baracche fatiscenti e la misera umanità della capitale, che però aveva già lasciato un segno indelebile nei cuori dei tre.

Quando però iniziarono a scorrere dietro i finestrini i panorami della campagna malgascia l’umore generale migliorò rapidamente.

La terra rossa. Il cielo di un blu intenso, uniforme, incorrotto. I panorami mozzafiato degli altopiani centrali. E poi fiumi pieni di donne impegnate a fare il bucato. Risaie costellate di uomini intenti a raccogliere i preziosi cereali. Case a due piani, con il primo riservato agli animali. Fabbriche di mattoni a cielo aperto. Villaggi rurali dai mercati variopinti e vivaci. Banchetti carichi di frutta e verdura lungo la strada.

I tre capirono subito di essere stati catapultati in un luogo molto diverso da quelli a cui erano abituati, e probabilmente anche in un tempo molto diverso. Un luogo e un tempo in cui la vita era senza dubbio più difficile e dura. Ma anche più autentica, più in armonia con la natura, meno frenetica.

Sicuramente meno igienica, come appresero in fretta durante la sosta per il pranzo.

E più incerta, come appresero invece nel pomeriggio quando il taxi brousse prese una buca e fu costretto a fermarsi per ore nel bel mezzo del nulla.

Davide, Nicole e Asia scesero dal mezzo in panne e attesero preoccupati che il problema venisse risolto, mentre intorno a loro il cielo si tingeva dei colori infuocati del tramonto e, rapidamente come solo ai tropici accade, di quelli scuri e impenetrabili della notte.

Il loro primo tramonto malgascio, in un luogo mozzafiato come quello, sarebbe stato sicuramente un momento di grande romanticismo e meraviglia. Peccato che mancassero ancora più di cento chilometri a Fianarantsoa, la meta di quel primo giorno di viaggio. E che non ci fossero altre alternative che attendere e sperare che, grazie a qualche sortilegio, il taxi brousse riprendesse vita.

Quando ormai lo spettro di una notte all’addiaccio, in mezzo alla campagna malgascia, stava diventando sempre più reale, un improvvisato meccanico compì la magia e rimise in funzione il veicolo.

La comitiva raggiunse Fianarantsoa a notte inoltrata e scese dal taxi brousse malconcia e provata.

Per fortuna c’erano tre letti comodi e un pasto caldo che li attendevano a casa di Padre Gilbert, un religioso malgascio che gestiva una struttura in cui vivevano e studiavano diciotto seminaristi provenienti da tutto il Madagascar.

La notte fu rinfrancante e la sveglia, con il coro della messa del mattino, ancora di più.

I tre si alzarono, pronti a proseguire la loro personale avventura verso Sud, non prima però di aver visitato la bella struttura di Padre Gilbert, con tanto di giardino botanico, orto, pollaio e campo da basket.

La meta di quella giornata sarebbe stata Ambalavao, a “soli” 50 km di distanza, quindi c’erano buone speranze di raggiungerla entro la giornata. Anche se ormai i tre avevano imparato a misurare le distanze non più in km ma in ore. E in questo caso specifico, le ore di viaggio furono ben tre, opportunamente scandite dai sobbalzi del taxi brousse sopra le buche della strada e i continui zigzag per evitare i crateri più grandi.

Il paesaggio però ripagava tutta la scomodità del viaggio. Montagne sempre più alte, valli scenografiche, terra rossa ovunque. Notarono un cambiamento anche nella fisionomia delle persone e nelle loro abitazioni, e impararono che in effetti erano entrati in una nuova regione, abitata dall’etnia Betsileo, ovvero “i molti invincibili”, molto diversi dai Merina, la “gente degli altopiani” che avevano lasciato ad Antananarivo.

Ad Ambalavao visitarono la fabbrica della carta e quella della seta, e nel pomeriggio trovarono anche il tempo per un’escursione alla riserva di Anja dove, per la grande felicità di Asia, riuscirono a incontrare i primi lemuri del viaggio.

Quella notte i tre la trascorsero in un bungalow, all’interno della riserva, e dormirono profondamente, cullati dai versi dei lemuri e illuminati solo dalla luce del firmamento australe.

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