Capitolo 7

È LA PRIMA VOLTA CHE ARRIVI QUI? INIZIA DAL CAPITOLO 1

Sul volo di ritorno verso l’Italia, Davide e Nicole si guardarono un’altra volta negli occhi.

Proprio come quattro anni prima, al ritorno dal viaggio di nozze.

Quella volta, dopo aver visto con i loro occhi le condizioni di vita della popolazione di Nosy Be, si erano detti: «Dobbiamo fare qualcosa».

E quella frase aveva innescato il cambiamento.

Tornati a casa avevano cercato e trovato un’associazione già attiva in Madagascar.

Attraverso questa associazione avevano adottato a distanza un bimbo, dandogli la possibilità di avere un’istruzione scolastica.

Ma non si erano fermati lì.

Avevano iniziato a organizzare eventi sportivi, a partecipare ai mercatini, a fare incontri nelle scuole di Vicenza e dintorni.

Per sensibilizzare i loro amici, parenti, colleghi, concittadini sulla drammatica situazione del Madagascar e far loro conoscere come potevano contribuire a cambiarla insieme all’associazione.

In questo modo avevano raccolto fondi, genitori adottivi e sostenitori.

Ma non si erano fermati neanche lì.

Avevano deciso di costituire un’associazione tutta loro, che in quella prima fase sarebbe comunque stata indissolubilmente legata all’associazione toscana di cui ormai erano diventati i primi finanziatori.

E ora, nell’aprile 2016, dopo aver fatto la loro prima vera esperienza di volontariato, e aver conosciuto direttamente la realtà di Tulear, la scuola gestita dall’associazione, l’organizzazione in loco, i bimbi sostenuti e le loro famiglie… be’ dopo tutto questo, sul volo di ritorno verso l’Italia, Davide e Nicole si guardarono un’altra volta negli occhi.

Sapevano che quello che entrambi stavano pensando avrebbe cambiato ancora più significativamente le loro vite.

Prima di dirselo guardarono Asia, che dormiva pacifica sul sedile in mezzo a loro, consapevoli che avrebbe cambiato anche la sua vita.

«Dobbiamo fare qualcosa di più».

Lo dissero e sospirarono.

Sapevano cosa significava quella frase.

Nei giorni trascorsi a Tulear avevano avuto modo di riflettere su quali fossero le cose più urgenti da affrontare.

Al di là di specifiche situazioni molto drammatiche, quali quelle in cui vivevano alcune delle famiglie sostenute, e che i ragazzi si erano personalmente impegnati a sostenere, c’erano almeno due fronti importanti su cui lavorare.

Il primo riguardava la logistica dell’associazione.

Avere gli studenti suddivisi in tre strutture diverse, situate anche a una certa distanza l’una dall’altra, comportava diverse inefficienze: dalla gestione dei pasti a quella del personale di servizio dell’associazione, fino alla necessità di separare in base all’età gli studenti, anche quelli appartenenti alle stesse famiglie.

Tutto questo naturalmente si rifletteva poi in un aumento dei costi, e quindi in una gestione non ottimale dei fondi raccolti in Italia.

Davide e Nicole in realtà avevano già deciso di approfondire questa tematica prima di andare in Madagascar, e durante il loro soggiorno a Tulear si erano ritagliati un po’ di tempo per visitare alcune strutture che, secondo loro, avrebbero potuto ospitare tutti gli studenti sostenuti dall’associazione e il personale dell’associazione.

Si trattava di un grande villaggio scolastico situato a Betania, in disuso da diversi anni ma con buone possibilità di miglioramento e, soprattutto, un canone di affitto sostenibile.

Quando i ragazzi l’avevano visitato gli si erano illuminati gli occhi, immaginando quello che sarebbe potuto diventare dopo una ristrutturazione.

Avevano capito subito che quella sarebbe dovuta essere la nuova sede e la nuova scuola dell’associazione, ma sarebbe stato necessario convincere il consiglio direttivo toscano a fare questo passo importante.

E poi c’era anche un secondo aspetto su cui avevano capito che fosse necessario intervenire: l’organizzazione del personale.

Fino a quel momento la gestione era stata poco strutturata, sia perché l’organico dell’associazione era cresciuto in fretta, sia per la difficoltà di coordinare personale dislocato in tre strutture diverse. Ma, va detto, anche perché dall’Italia non c’era mai stato nessuno che avesse avuto il tempo, le competenze e la volontà di farlo.

In fondo, l’associazione era sempre stata gestita su base assolutamente volontaria, da persone con un cuore grande, ma tempo e risorse limitate.

Per fare il salto di qualità, Davide e Nicole lo sapevano bene, era necessario creare una vera e propria organizzazione in Madagascar, definire responsabilità, ruoli e compiti chiari, gestire le attività come progetti veri e propri, stabilire obiettivi e controllare i risultati…

Insomma, anche se si trattava di un’organizzazione no profit, per essere efficace ed efficiente, per poter massimizzare l’impatto generato con i fondi raccolti in Italia, era fondamentale gestirla come se fosse un’azienda.

Davide e Nicole lo sapevano bene, ma sapevano anche che per fare questo era necessaria una cosa di cui anche loro disponevano in misura molto scarsa: il tempo.

LEGGI IL CAPITOLO 8

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